Niente capita per caso o meglio: anche nel caso si può leggere un senso, un insegnamento.

Il movimento Friday for Future aveva provocato un senso di urgenza ecologica che richiedeva un drastico cambiamento nelle abitudini di vita quotidiana da parte dell’intera società umana e, allo stesso tempo, un profondo senso di impotenza di fronte a questo compito immane e perciò quasi impossibile da attuare.

Due anni dopo le prime manifestazioni dei giovani e giovanissimi organizzate per spingere i governi, i potenti della terra, a prendere sul serio l’urgenza climatica, – manifestazioni che intanto venivano già messe sul sottofondo della quotidianità e a volte quasi ridicolizzate, – ecco che scoppia la pandemia. Questa, da una parte costringe a ritenere il problema del clima non più derogabile, dall’altra a sembra a molti l’occasione per iniziare il cambiamento radicale delle nostre società a questo punto considerato non più totalmente impossibile.

Il senso di impotenza che sentiamo nell’attuale momento storico è dato dal sommarsi di numerosi grumi di problemi insoluti, risultato di un lungo processo storico che ha raggiunto il punto in cui o si fa un salto di qualità o la storia si ferma perché il campo di azione è esaurito ed è l’ora di un salto drastico di condizione e di prospettiva: ciò che in fisica si definirebbe un salto quantico.

Il Covid aveva fatto emergere con nuova chiarezza la contraddizione tra l’organizzazione economica e la dimensione ecologica. Lo squilibrio ecologico ha prodotto malattie pandemiche, quindi non soltanto è emersa la contraddizione di un sistema economico che consuma le risorse su cui si basa, ma si mette anche in evidenza il fatto che rende l’ambiente ostile alla vita umana. Questo tipo di economia che ha prodotto lo squilibrio ecologico, di economico non ha più nulla.

Il Covid, inoltre, ha messo in crisi la tecnologia come strumento intrinseco di progresso, a cui ci si affida per risolvere tutti i problemi di sopravvivenza, e la scienza come “deus ex machina” che ha tutte le risposte. La prima perché per garantirsi le materie prime necessarie alla sua fabbricazione partecipa al depauperamento della terra e causa conflitti tra gli stati che le vogliono possedere e la seconda perché la scienza non può dare tutte le risposte. Di fatto non può rispondere alla domanda di trascendenza sul senso della vita, e all’esigenza di relazioni qualificate, proprie della natura umana.

I governi già indeboliti nel ruolo proprio di gestire il bene comune, da anni di scelte radicalmente sbagliate, scelte che li hanno subordinati al primato del mercato finanziario, sono stati incapaci di trovare risposte efficaci per uscire dalla crisi ecologica e dalla prova del Covid.

Per un momento, guardando il mondo dai balconi, abbiamo avuto la consapevolezza di far parte di un’unica umanità che si riconosceva nella condizione comune e nel desiderio di ciascuno di vivere una vita bella e piena.

Ma le proposte dei governi sono risultate del tutto inadeguate ad avviare qualcosa di nuovo che rispondesse a quell’esigenza scaturita dalla sensibilità della gente, sebbene ancora inespressa. Proposte legate esclusivamente alla contingenza e non aperte ad una prospettiva.

I popoli presi alla sprovvista sono stati incapaci di trasformare questa sensazione in un pensiero razionale e troppo presto è intervenuta l’assuefazione.

Siccome il COVID non è stato sufficiente a generare la forza per un vero cambiamento radicale, il senso di impotenza ha fatto emergere i problemi sospesi e relativi al contrasto politico tra burocrazia e libertà e tra democrazia e dittatura.

Emerge la difficoltà di scegliere tra la burocrazia, spacciata come strumento di sicurezza grazie alle procedure collaudate e garantite, e una libertà capace di risposte creative, legata però alla responsabilità personale, alla capacità di scelta della singola persona davanti agli imprevisti della vita e alle urgenze della modernità.

Questa situazione ha messo in crisi l’istituzione democratica: i governi totalitari che non rispettano i diritti umani si sono posti come modello vincente e hanno trovato spazio per proporsi come tali, complice un’informazione che ha fatto uso di un linguaggio sproporzionato, largamente distorto e spesso ambiguo. Questo ha avuto come risultato quello di annullare il valore storico che alcune parole in special modo contengono.

Parole come: fascismo, dittatura, complotto, controllo, nazismo, violenza, guerra, premier, o anche libertà, democrazia.

Questo linguaggio, cancellando la profondità storica che le parole contengono nel loro significato, ha causato un disagio, togliendo quei valori comuni che creano la coesione su cui la società si riconosce.

Il fatto che oggi gruppi di ragazzini e adolescenti stiano creando bande che fanno violenza ai passanti o ai loro stessi coetanei è specchio del disagio, dell’incrinatura che esiste all’interno di una società che sta perdendo coesione.

Xi Jinping e Putin hanno dichiaratamente cercato di dimostrare che il sistema totalitario fosse quello vincente per affrontare una crisi pandemica. Per fortuna gli Italiani hanno dimostrato il contrario, sfatando il luogo comune di un popolo incapace al rispetto delle regole e confermando invece che le priorità per gli italiani sono state il rispetto dell’essere umano e della qualità della vita: un piatto di spaghetti consumato in compagnia, magari dopo una serata a teatro. L’Italia, forte del suo successo, ha chiesto l’intervento dell’Europa per risolvere il problema della pandemia, affrontando la questione a livello continentale. Così, ha evidenziato la necessità di concretizzare l’Europa come progetto storico. Attraverso l’organizzazione pubblica della sanità ha delineato un modello efficiente e democratico capace di fornire un esempio per tutti.

Ora la tragica contingenza della guerra ha accelerato gli eventi e siamo arrivati al “dunque”. La costituzione dell’Europa come stato democratico non è più procrastinabile. L’ Europa democratica è un baluardo contro i totalitarismi, i singoli stati democratici non più.

La guerra in Ucraina è l’ultimo atto di un processo storico che si conclude. È l’improcrastinabile momento di darci una nuova prospettiva rispondendo alla domanda, ancora senza risposta, che dall’epoca illuminista ci poniamo: chi è l’essere umano e che valore ha? Il senso della vita è morire, oppure è vivere per essere felici? La felicità è una conquista comune. La storia non è frutto del caso, si costruisce scegliendo via via.

Se si pensa all’uomo come essere egoista, violento e cattivo, e si dà credito e priorità a questo modello di umanità, l’evoluzione naturale è la distruzione.

Soltanto se si riconosce l’essere umano come valore unico, libero e creativo, lo si può pensare capace di realizzare ciò che ha come desiderio profondo: vivere pienamente la propria umanità insieme con tutti quelli che lo desiderano. La scelta di convivenza e condivisione della vita con tutti gli altri è la via per uscire da questo coagulo di problemi interconnessi tra loro.

Solo prendendo come valore di riferimento la vita dell’uomo vissuta con gusto e con gioia si trova la via da percorrere. Dando dignità e risposte alle esigenze della persona si ha il metro giusto per trovare strumenti e prospettiva per dare spazio al futuro.

Sta a noi la scelta.

Grazia Baroni


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