Mariangela Ciampitti. Intervento per la presentazione di DemoS a Novara. 2 Febbraio 2019
Buongiorno a tutti, ringrazio Piergiacomo per avermi dato la possibilità di condividere con voi alcune riflessioni sul tema dell’ambiente, cioè della “nostra casa comune”, come lo definisce papa Francesco nell’enciclica Laudato sì.
Io sono un tecnico e quindi permettetemi di iniziare col presentarvi un caso che scaturisce dalla mia esperienza lavorativa. Vorrei quindi parlarvi della gestione del problema della batteriosi che ha colpito e che sta ancora portando a morte decine di migliaia di ulivi in Puglia: la Xylella. Ho scelto questo esempio non per mettere in cattiva luce una regione bellissima come la Puglia o per fare un dispetto ai miei amici pugliesi, ma perché purtroppo è emblematico di un determinato approccio.
La malattia è arrivata in Italia tramite piante di caffè a scopo ornamentale dal Costa Rica, ha trovato un ambiente ideale per il proprio sviluppo e si è diffusa rapidamente. La situazione avrebbe dovuto essere affrontata come si fa con le emergenze di salute umana e animale, circoscrivendo il focolaio e abbattendo sia le piante infette e quelle sane limitrofe e invece, purtroppo il problema è stato strumentalizzato, i diversi schieramenti politici si sono divisi tra chi appoggiava gli interventi di taglio delle piante e chi invece li ostacolava. Il risultato: un danno ambientale senza precedenti, centinaia di attività produttive messe sul lastrico, perdite enormi per le esportazioni in tutta Italia.
Purtroppo, con lo stesso approccio, che mira a guardare l’interesse di una parte e non quello del bene comune, vengono spesso affrontati molti dei più importanti temi ambientali, alcuni dei quali citati anche da papa Francesco nell’enciclica Laudato sì: i cambiamenti climatici, il problema dell’inquinamento (in particolare quello dovuto alla plastica), il consumo di suolo, la perdita di suolo fertile, lo spreco di cibo, la deforestazione, il problema dell’acqua….
L’impatto sociale ed economico di questi temi è enorme, a volte facciamo fatica a vederlo. Non abbiamo creduto ai cambiamenti climatici finché non abbiamo visto con i nostri occhi gli eventi estremi da esso causato. La desertificazione e la compromissione da parte dell’uomo di alcune aree del pianeta hanno portato come conseguenza all’esodo di intere popolazioni ed è così che tra i migranti possiamo vedere una specifica categoria: i migranti ambientali.
La responsabilità dei problemi di livello globale è sicuramente in primis di chi siede nella stanza dei bottoni, di chi può scegliere dove allocare gli investimenti (finanziare fonti energetiche rinnovabili o fossili), di chi può decidere a che altezza sbarrare un fiume e a quali popoli dare l’acqua e a quali toglierla (la disponibilità d’acqua è stata nel passato motivo di grandi conflitti tra i popoli e lo sarà anche nel futuro), di chi può decidere di intraprendere politiche che poi nella realtà , magari senza rendersene conto appieno, possono mettere in difficoltà intere popolazioni, come nel caso della Unione Europea che, come atto di solidarietà, ha permesso l’importazione in Europa di riso senza dazi da alcuni Paesi in difficoltà, tra i quali il Myanmar, e ha così contribuito involontariamente alla cacciata delle popolazioni Rohingya dalle loro terre adatte alla coltivazione del riso da esportare in Europa.
Anche noi però abbiamo la nostra parte di responsabilità. Sono tante le scelte di vita, anche quotidiane, che possiamo fare per prenderci cura della “nostra casa comune”: utilizzare i mezzi pubblici, andare a piedi dove possibile, cercare di utilizzare la plastica il meno possibile, fare la raccolta differenziata, bere l’acqua del rubinetto, scegliere cosa mangiare e quali prodotti acquistare (ricordandosi che dietro al cibo ci sono volti e storie di chi lo produce e che ha diritto ad una giusta remunerazione), ecc…
Papa Francesca conclude l’introduzione dell’enciclica Laudato sì con un appello alla “ricerca di uno sviluppo sostenibile”. Termine usato spesso impropriamente e privato del suo vero significato. Secondo la definizione proposta dalle Nazioni Unite negli anni ottanta, per sviluppo sostenibile si intende “uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”. In sostanza vuol dire che la generazione presente non deve permettersi di utilizzare le risorse del pianeta senza pensare che queste dovranno servire anche alle generazioni future.
Le Nazioni Unite hanno individuato 17 obiettivi globali per lo sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030: porre fine alla povertà, alla fame nel mondo, tutelare l’ecosistema terrestre, tutelare i mari, ecc. L’obiettivo che io preferisco è il numero 5: raggiungere l’uguaglianza di genere. È stato dimostrato che quando alle donne è data la possibilità di gestire le risorse del proprio territorio, esse riescono a farle fruttare mediamente il 30% in più degli uomini.
Vorrei concludere parlandovi di una ragazzina, la 16enne svedese Greta Thunberg. È diventata famosa perché si è resa conto dei problemi del nostro pianeta e di come nessuno li stia affrontando seriamente e così ha iniziato uno sciopero, sedendosi con un cartello fuori dalla sua scuola e chiedendo attenzione a questo tema. La sua storia è diventata virale sui social ed è stata così invitata a parlare la settimana scorsa al World Economic Forum a Davos in Svizzera, un importante appuntamento politico economico dove si decide la governance mondiale (è arrivata in treno perché il treno ha un’impronta carbonica inferiore all’aereo). Guardando dritto negli occhi i grandi della terra ha detto “a me non importa essere impopolare, a me interessa la giustizia climatica, a me interessa la vita del nostro pianeta. Vi fate belli dei progressi che avete raggiunto, ma vi siete domandati a quale prezzo li avete raggiunti?”. Il suo è stato un appello dai connotati fortemente etici e sociali, ha denunciato che “le risorse della terra sono andate a beneficio di un ristretto numero di ricchi e che sono le sofferenze di molti a pagare per il lusso di pochi”; ha concluso dicendo “state rubando il futuro dei vostri figli”.
Mi auguro quindi che tutti noi possiamo lasciarci trafiggere dalle parole di Greta e dimostrare nel concreto, ogni giorno, di avere a cuore le sorti della “nostra casa comune”.