“Al di là della diffusa consapevolezza delle responsabilità e delle difficoltà di gestione dell’Amministrazione Penitenziaria, credo sia doveroso che la Regione Piemonte, con gli Enti locali territoriali, rinnovi l’attenzione sul ruolo che essi hanno per la sanità, il lavoro, la formazione e le politiche sociali all’interno del carcere” : è quanto sostiene DemoS-Piemonte attraverso una nota del Coordinamento Regionale.

“Sarebbe davvero ingiustificato lasciare da sola l’Amministrazione Penitenziaria a gestire con grande difficoltà momenti di crisi, di sovraffollamento, di pandemia, di violenze tra detenuti e tra agenti e detenuti” aggiunge Democrazia Solidale.

Riferendo sull’emergenza Covid – in base ai dati diffusi dal Garante regionale delle persone detenute Bruno Mellano – dei circa 300 detenuti riscontrati positivi al Covid-19 nelle 190 carceri italiane, più di un terzo, oltre 110, sono stati riscontrati nelle 13 carceri del Piemonte tra Torino, Saluzzo e la Casa Circondariale Don Soria di Alessandria. Nello stesso periodo anche operatori di Polizia Penitenziaria, collaboratori amministrativi ed educatori dell’Amministrazione sono risultati positivi e si è registrato un morto fra i medici dell’assistenza penitenziaria piemontese. Tra le maggiori criticità, sottolinea DemoS, permangono quelle legate al sovraffollamento: al 3 agosto nelle tredici carceri per adulti del Piemonte erano presenti 4.202 detenuti su una capienza effettiva di 3.783 posti, con un sovraffollamento pari al 111%. La situazione è ancora più grave se si considera che, per il mancato recupero e restauro degli ambienti, le carceri piemontesi potrebbero disporre complessivamente di ben 510 posti in più.

In particolare DemoS si sul trattamento dei detenuti malati psichici e sull’assenza nei reparti femminili della parte dedicata agli studi universitari: “ma più in generale è necessario fare di più sul trattamento sanitario”.

Per DemoS “la soluzione al sovraffollamento non è tanto costruire nuove carceri quanto utilizzare le misure alternative già esistenti, lasciando il carcere come extrema ratio”.

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