pace democrazia
Grazia Baroni indaga, in questo suo contributo, i rapporti tra pace, democrazia e politica, proponendo di superare il modello ottocentesco dell’antagonismo tra le nazioni e di pensare a un mondo in cui le nazioni, sul modello della Comunità Europea, superino le contrapposizioni e orientino la loro politica alla realizzazione compiuta della democrazia.


Pace. Più che una parola è un’invocazione che sale da ogni angolo della terra e che i fatti quotidiani non solo allontanano sempre di più, ma trasformano in una chimera, un mostro che nelle sue differenti forme confonde la realtà e ne impedisce la lettura e, di conseguenza, l’interpretazione necessaria a iniziare un processo di reale pacificazione.

Bisogna comprendere che la pace, invece, non è solo una invocazione ma deve essere un progetto. Considerare la pace come adattamento al più forte, o al luogo comune o come assenza di guerra, dunque mancanza di confronto, è negare la Storia come processo comune di umanizzazione, espressione delle diversità di ogni singolo essere umano.

Perché non rimanga una parola che una volta di più rappresenta l’impotenza umana, è necessario riferirsi alla storia nella sua qualità di patrimonio accumulato faticosamente ma tenacemente dall’umanità, che desidera rendere la vita, la vita umana, il valore che sta a fondamento e orienta le scelte, soprattutto dei governanti, per procedere nella costruzione di un’unica comunità umana. Infatti, già i nostri antenati della città di Atene avevano capito che la pace non è l’assenza di guerre ma una qualità relazionale tra i cittadini.

La democrazia è stata concepita per fissare nella storia come rendere reale la parità di valore che ogni cittadino rappresenta per i propri governanti e la politica è lo strumento per la sua concretizzazione. Solo se i cittadini si sentono riconosciuti nella loro dignità, alla pari con tutti gli altri, è possibile una convivenza pacifica. La pace è dunque il progetto che dà senso alla democrazia e ha come fulcro il ruolo della politica che ricerca, individua e rende possibile la sua costruzione.

Oggi però il mondo della politica ha abdicato al mercato il suo ruolo di indicare la strada del futuro per raggiungere una migliore qualità della vita fino alla piena soddisfazione per tutti. Ma il futuro del mercato è la continua ricerca di soddisfare bisogni che prima erano per la sopravvivenza degli esseri umani e oggi del superfluo – e perciò fittizi – creati dallo stesso mercato per la sua sopravvivenza.

È per questo motivo che la Democrazia, processo di costruzione della giustizia sociale, è stata sostituita dalla partitocrazia che viene spacciata come sinonimo ma che in realtà è in modo mascherato, per ignoranza o per non dire mala fede e opportunismo, una lotta tra gruppi che assomigliano alle antiche signorie quattrocentesche. Risultato questo di una legge elettorale che strumentalizza e deforma la valenza democratica del voto perché è basata sul mantenimento di un rapporto di forze tra gruppi antagonisti e non sulla condivisione di un progetto di miglioramento della società che vogliono governare.

E’ basilare e urgente definire cosa si intende per democrazia perché le sue diverse interpretazioni creano profonde contraddizioni che la indeboliscono e rischiano di accendere scontri interregionali che potrebbero allargarsi pericolosamente in qualcosa di più esteso e profondo. Una democrazia ipocrita che non è capace di mettere al bando le armi perché il loro mercato è troppo fiorente, in continua espansione. Come testimoniano l’invasione dell’Ucraina e le atrocità in terra di Israele e Palestina. Quindi democrazia come la forma di convivenza che riconosce il valore del singolo cittadino nell’esercizio della sua libertà che mette al servizio per la realizzazione di una vita di felicità per tutti.

La politica è stata inventata per superare il metodo proprio del mondo naturale basato sulla sopraffazione del più forte, con un metodo tipicamente umano che ha come strumento la parola e la logica razionale. La guerra è la denuncia più esplicita del fallimento della politica o, meglio, dell’azzeramento del ruolo della politica nelle scelte dei governi di qualunque colore. Perché la politica è l’arte che rende possibile al singolo cittadino essere attore nella costruzione della comune cittadinanza.

Nel mondo attuale interamente connesso dall’informatizzazione e dagli algoritmi e dove la potenza dello scontro armato non prevede nessun vincitore ma la morte dell’umanità intera, è assolutamente illogico e antistorico fare riferimento ancora ad una geopolitica dell’800, dove le nazioni si considerano implicitamente antagoniste e si misurano in un rapporto di forza con strategie di alleanze a difesa dei confini geografici e delle specifiche diversità.

Per questo nel pieno disastro della Seconda Guerra Mondiale è stato pensato il progetto di un ente, quale la Comunità Europea, come entità politica unitaria ed è sempre più evidente quanto sia necessario il suo compimento, come unica strada che permetterebbe la costruzione di una intesa e una pace durature.

Chi si assume la responsabilità di fare politica oggi deve: lottare per la costituzione della Comunità Europea come Stato Unitario Democratico a modello della possibilità di realizzare la giustizia sociale nel mondo; ridare alla politica la centralità del proprio ruolo che è indicare la strada del futuro e, infine, lavorare perché la democrazia sia lo strumento per ogni cittadino di essere arbitro della qualità della vita che vuole realizzare per sé insieme agli altri per il compimento di una vita felice per tutti.


Un commento su “Pace: una questione di volontà”

  • molto bene, grazia, perchè il senso della pace è quotidianamente messo a rischio dai sentimenti di contrapposizione che portano alla guerra
    è un processo lungo ,ma che speriamo di condurre fino alla diffusa non violenza, prima che il mondo esaurisca le sue risorse

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