La Stampa di venerdì 2 dicembre ha pubblicato una intervista del gionalista Lodovico Poletto a Elena Apollonio, consigliera comunale di DemoS e presidente della Commissione Pari Opportunità e Diritti del Consiglio Comunale di Torino, sulle difficoltà a realizzare a Torino il modello dell’accoglienza diffusa per i senza fissa dimora.

Le notti d’inverno passate a portare a cibo ai senza tetto sono il passato, ma anche il presente, di Elena Apollonio. Perché l’impegno con Sant’Egidio a favore degli ultimi non è venuto meno neanche quando è entrata nell’amministrazione comunale. Consigliere sotto le insegne di Demos, un obiettivo preciso: occuparsi di povertà e di ultimi: temi di cui ha parlato e parla ancora oggi. E con la cognizione di causa di chi la città l’ha girata in lungo e in largo. Criticava le scelte della giunta guidata da Chiara Appendino, Elena Apollonio, quando i Cinquestelle governavano la città:

«Sono distanti dagli ultimi, ci sono angoli di città nei quali il disagio, la povertà dei senza tetto, degli uomini e delle donne che campano per strada, è palese».

Oggi, dopo mesi di silenzio, Elena Apollonio torna a parlare. Ed è tutt’altro che contenta. «Abbiamo criticato per cinque anni l’amministrazione precedente. Abbiamo detto il peggio del modo scelto da quella giunta di gestire il problema dei senza tetto. E adesso che cosa facciamo? Niente».

In che senso Apollonio?
«Nel senso che il tanto auspicato modello differente non c’è.È vero, lo scorso anno c’era stato tempo di imbastire in modo efficace un piano nuovo. Quest’anno, però, non è cambiato nulla».

In che senso scusi? Si riferisce al campo via Traves?
«Certo, a quel campo dove dovrebbero essere accolti i senzatetto a bassissima soglia. Continua ad essere un’indecenza».

Ma lei ha fatto presente la questione?
«Guardi, di via Traves se ne parla da sempre. Lo scorso anno, era il 24 dicembre, ero andata con il sindaco a fare un giro in quel campo. Lui mi disse che per l’inverno successivo non ci sarebbe più stato. Invece è ancora lì. Identico a prima, con gli stesi problemi».

Però l’assessore Rosatelli dice che il prossimo inverno con ci sarà più. Non è vero?
«E dice anche che al posto dei container ci saranno delle casette prefabbricate. Ma a cosa servono le casette in un posto così lontano? Casette nelle quali dovrebbero andare a vivere donne, persone con fragilità. Non va bene: quel campo va superato. Le scelte devono essere altre».

A cosa si riferisce?
«Ad un sistema di accoglienza diffusa, annunciata e che però non si è fatta».

Ma le case, l’utilizzo del patrimonio comunale inutilizzato si fa?
«Le associazioni che potrebbero adoperarle non riescono neppure a sapere dagli uffici quali sono, dove sono. Senza contare i progetti bloccati».

In che senso?
«Le faccio un esempio. Sant’Egidio aveva trovato un appartamento per due persone, in una zona abbastanza centrale della città. Era una struttura perfetta, e la comunità era pronta a gestirla. Non se ne n’è fatto nulla: tutto è stato stoppato».

Da chi, e per quale ragione l’operazione si è arenata?
«L’assessore competente ha deciso che dovrà occuparsi del progetto la Caritas. Ma non sappiamo né in che modo e nemmeno quando tutto questo si farà. Intanto, però, l’inverno e il freddo sono già arrivati e la gente continua a stare per strada. E l’accoglienza diffusa è rimasta un progetto sulla carta».

Magari non si saranno denari per metterla in atto. Può essere?
«I denari, a quel che ne sappiamo, ci sono. Il guaio è che per le donne e per i poveri mancano progetti e iniziative. Bisogna fare di più. Intervenire subito».

Però qualcosa si fa?
«Assolutamente sì. Ci sono centri, c’è l’umanità, ci sono state nuove aperture. Ma sono tanti, troppi, i progetti che vanno rivisti e migliorati, oppure fatti partire».

Ancora una volta sta parlando di via Traves?
«Certamente, e lo faccio perché quello è un campo poco utilizzabile. Per arrivarci, dal centro, bisogna prendere tre autobus: chi è quel senza tetto che può farlo? Così non funziona. E poi, come avevamo detto lo scorso anno, quel posto va superato. Perché altrimenti continuiamo ad emarginare le persone a bassissima soglia».

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